LA BOTTEGA DELLE MASCHERE

2019

TUTTO PER BENE – ATTI UNICI
di Luigi Pirandello

(Pirandelliana – Roma – Giardino della Basilica di S.Alessio all’Aventino, 9 luglio – 4 agosto)
NATALE IN PIAZZA di Henri Ghéon
(Roma – Basilica di S.Alessio all’Aventino, 18-21 dicembre)

 


… per chi vuole saperne di più!

Note di regia

IL PROGETTO

Il Teatro è nato in chiesa, io vorrei ricondurvelo. (Eleonora Duse)

L’Aventino, la Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio

L’Aventino, il colle più aristocratico di Roma, è da secoli come un’isola nel contesto urbano, tra il verde di parchi e villini, il silenzio mistico dei chiostri e i sotterranei di chiese e conventi. Alle sue pendici sorsero gli insediamenti arcaici da cui nacque Roma. Nell’aria aleggia ancora il mito leggendario di Remo e dei sei avvoltoi e si dialoga più confidenzialmente con l’eterno presente dei miti e dei fatti che qui hanno lasciato la loro impronta.
La Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio e il suo campanile romanico sono per i romani il punto di riferimento dell’Aventino. L’architettura claustrale che tanta importanza ha avuto nella diffusione degli insegnamenti della comunità monastica, che convocava i fedeli proprio nelle chiese, si completa nello spazio autorevole del Portico della Basilica che affaccia il solenne cortile.
Nella cripta della basilica si conservano le spoglie di S.Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury. La leggenda di Sant’Alessio, giunta fino a noi dopo numerose interpolazioni di cantastorie e trovatori, fu musicata da Stefano Landi su libretto del cardinal Rospigliosi. Venne rappresentata l’8 febbraio 1634 nel teatrino di palazzo Barberini. La scenografia era dello stesso Bernini.
Teatro di Natale all’Aventino è una programmazione unitaria per i suoi contenuti, per le tante linee trasversali che uniscono gli stessi concetti. È un progetto che dà un significativo apporto allo sviluppo culturale e alla promozione turistica della nostra Città. Si svolge dal 2007.
L’opera teatrale di Henri Ghéon sviluppa una tesi: le voci di dentro non siano soltanto pensieri, ricordi o immagini, ma valenza delle cose perdute. La messinscena è un progetto non abusato, non comune, non scontato, nuovo, originale e raro, un contenitore d’eccezione capace di superare gli echi di certe inattuali sperimentazioni teatrali.
Nella Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino, nel suo logeion sotto il suo portico, dal 18 al 21 dicembre 2019, si svolgerà, dalle ore 23 alle 24, la messa in scena del Natale in piazza di Henri Ghéon.

La messinscena

Tutto avviene sotto il portico della Basilica. La scena rappresenta il lato di una piazzetta di un villaggio, dove gli zingari hanno sistemato il loro carrozzone ed eretto un palco sgangherato. È notte. Il barlume di un fuoco, le stelle e la luna. Una lampada ad acetilene è issata in cima ad una pertica. Qualche sgabello, un tamburo, un organetto…
Gli zingari stanno cenando. Qualcuno li sta osservando. È la gente del villaggio che si aspetta una rappresentazione teatrale: No, no, non si recita. E poi bisogna prepararsi a celebrare il Santo Natale. E che ci prendete per dei rinnegati?
Poi uno zingaro: Silenzio, buona gente. Poco fa non eravate che dieci… e adesso siete già in trenta. Presto sarete cento. La luna splende. Il freddo punge. Sta per gelare. Ma i nostri cuori sono caldi, buona gente… e i vostri lo diverranno tosto. Recitiamo davanti a voi uno dei capolavori del Re Magio Melchiorre, di recente portato alla luce dal suo pronipote qui presente. “Il Mistero sacro della nascita di Nostro Signore”. Possa la profondità di tal soggetto evitarvi di ridere dei suoi interpreti. Si comincia subito. Il tempo di accendere la lanterna.
Una valigia ricolma di costumi. Si accende la lanterna ad acetilene. Un vecchio zingaro apre un libro antico. Gli altri si ritirano dietro il carro, si truccano a vista. Inizia lo spettacolo:
In quei tempi i popoli vivevano nell’attesa…
Inizia così, sotto il portico della Basilica, lo strano racconto di Natale, costruito con una rara intelaiatura di teatro nel teatro sacro.
Su un praticabile che sembra essere stato riesumato dalla scenografia di una tragedia greca, nasce un presepe metafisico dove si dispongono gli attori e tutto diventa come una disputa dentro un dipinto fiammingo. Il gruppo si sistema, gli attori attingono i costumi da un baule; da una parte si ascoltano i passi antichi della Notte Santa, dall’altra arrivano Maria e Giuseppe, sono a Betlemme per il censimento di Augusto, cercano un alloggio. Nell’aria i versi di Gozzano…
Poi l’arrivo dell’Angelo, di Maria, di Elisabetta. Ricchezza. Povertà. L’innocenza dell’Autore. Un violino, la voce della Callas e un flauto di Pan per l’Ave Maria di Schubert. È un insieme dove gli attori si compongono, si scompongono e ricompongono nella notte della Vigilia.
Il teatro conclude con un organetto il racconto di Natale

I contenuti

La nostra realtà è costruita da immagini invadenti, ma prive di consistenza propria, a cui vogliamo dare noi un significato, negando che ce l’abbiano di per sé. Resta da stabilire se si tratta di un’acquisizione di libertà o se ci stiamo allontanando irreparabilmente dalla realtà. Il progetto “Teatro di Natale all’Aventino” vuole andare in controtendenza, per offrire un’occasione inedita: quella di fare un’esperienza spirituale dell’arte, e non limitarsi a una sua percezione estetica. Per questo è stata scelta una messinscena “sacra” e un luogo, la Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino, che per la sua straordinaria storia si rivela particolarmente adatto a questo innovativo percorso. Il logeion, il suo palcoscenico offre, infatti, la certezza che l’immagine del teatro può ricreare la fantasia storica della narrazione sacra, può rendere la complessità del mistero, può far sentire ai visitatori – che qui ci piace chiamare pellegrini – la consapevolezza che la storia raccontata è una certezza della quale vengono fatti partecipi attraverso la loro emozione e la loro memoria.
Il teatro va in scena così.
Reinventare la tradizione del sacro, le finalità. Non è un momento facile, c’è un senso tragico della presenza del male nel mondo. L’amaro sapore dell’odio dilaga, tutto avvelenando, sembra davvero che la morte di Dio sia compiuta, anche nell’anima del vecchio continente che pure ha maturato per tutto il mondo una bimillenaria civiltà cristiana. La bottega delle maschere crede nella resurrezione del teatro di parola, crede che esso possa essere riscoperto nella sua perenne validità, anche in una società che pare aver sepolto nell’odio, nelle ingiustizie, nella prevaricazione ogni senso del divino, purché (e questo è l’essenziale) essa trovi un linguaggio più nuovo, aderente all’ora che l’uomo sta vivendo e ai suoi problemi tragici e profondi.
Da qui l’idea di un teatro come luogo di dibattito, come “agorà” in cui esperire la validità nuova dei valori eterni del Vangelo, un Vangelo calato e incarnato nella realtà dolorante ma viva della storia presente con un Mistero, come quello della Notte Santa, di ispirazione cristiana rivolto all’attualità e sensibilità del tempo nostro.
Il progetto non è una sorta di reviviscenza del teatro religioso, un rispolverare certe sacre rappresentazioni per farne un testo fideistico, conformista. È un teatro contemporaneo nel quale circolano temi universali, temi capaci di sollecitare nello spettatore inquietudini e quesiti; questo è il carattere del progetto “Teatro di Natale all’Aventino”. È un invito al raduno popolare, indetto con uno spirito non dissimile da quello per cui nelle grandi epoche la gente accorreva alla rappresentazione scenica, come per partecipare ad un rito, per ritrovare in essa la sua spirituale unità. Quante volte è stato asserito che l’odierna crisi del teatro è crisi religiosa? Il progetto vuole riportare il teatro, com’è desiderio di molti, verso le sue origini più nobili e i suoi più alti compiti spirituali. Si vuole riscrivere il passato e renderlo comprensibile ed efficace per il pubblico. Non si vuole creare stereotipi, bensì un teatro vivo che, coniugando luoghi d’arte cristiana e antiche pratiche devozionali, dia voce a memorie, testi, musiche e immagini di un tempo lontano – penso alle donne romane, alle “monticiane”, nella notte in pellegrinaggio verso la Madonna del Divino Amore…
Un organetto reinterpreta per la messinscena i temi del Natale e intreccia il percorso di tante essenze mediterranee…